1. Titolo dell’opera e autore
    Ragazzo che monda un frutto di Michelangelo Merisi da Caravaggio
  2. Datazione e tecnica
    Realizzato intorno al 1592-1593, nei primissimi anni romani dell’artista.
    Tecnica: Olio su tela.
  3. Dimensioni e collocazione attuale
    L’originale è perduto.
    La versione più nota e vicina all’originale è conservata presso la Fondazione Roberto Longhi a Firenze, con dimensioni di 75,5 × 64,4 cm.
  4. Contesto storico e culturale
    Dipinta nei primi mesi romani di Caravaggio, forse durante il soggiorno presso monsignor Pandolfo Pucci o nella bottega del Cavalier d’Arpino.
    È tra le opere sequestrate e donate da Papa Paolo V al nipote Scipione Borghese, che fu tra i primi grandi collezionisti del pittore.
  5. Descrizione compositiva
    La scena rappresenta un giovane con camicia bianca, intento a sbucciare con cura un frutto con un piccolo coltello.
    Il gesto è meticoloso, e la scorza del frutto si arrotola in una lunga spirale.
    Il volto del ragazzo è serio, quasi assorto. Davanti a lui, su un piano in pietra, sono disposti altri frutti. Lo sfondo è scuro e privo di elementi decorativi, creando un’atmosfera intima e sospesa.
  6. Significato simbolico e tematiche
    Il gesto semplice cela molteplici livelli di lettura:
    • Allegoria della caducità: come spesso in Caravaggio, anche in questa scena domestica si cela un memento mori;
    • Simbolo dei sensi: potrebbe rappresentare l’allegoria del gusto, legata ai piaceri del corpo e alla tentazione;
    • Interpretazione medica: secondo un’ipotesi suggestiva, il frutto sbucciato sarebbe un limone, un bergamotto o un cedro, agrumi noti per le loro proprietà depurative e antisettiche nel Cinquecento.
      Il gesto di sbucciarlo potrebbe alludere a un rito curativo o terapeutico, forse collegato alla malattia reale dell’artista stesso, noto per essere stato convalescente in quegli anni;
    • Il frutto, in questo contesto, diventa simbolo del corpo che va purificato, e la lunga scorza che si stacca può suggerire il tempo, la pazienza, la cura.
  7. Stile e caratteristiche formali
    • Realismo intenso e diretto: il volto e le mani sono trattati con cura osservativa, senza idealizzazione;
    • Il chiaroscuro è marcato, ma ancora meno drammatico rispetto alle opere mature;
    • Lo spazio è ridotto, intimo, e la figura si impone con naturalezza e forza, in un’atmosfera silenziosa e contemplativa.
  8. Curiosità e ricezione critica
    • Esistono numerose copie dell’opera, segno del suo successo e della difficoltà nel definirne un’unica versione autografa;
    • L’opera è stata interpretata in chiave morale, sensuale, medica e persino autobiografica;
    • Alcuni critici vi leggono un autoritratto giovanile mascherato: Caravaggio stesso che si rappresenta durante una convalescenza, intento a eseguire un gesto di cura;
    • Il dipinto ha legami con l’Accademia degli Insensati di Perugia, ambiente colto e filosofico a cui apparteneva uno dei primi proprietari, Cesare Crispolti.
  9. Eventuali restauri o vicende conservative
    L’originale è andato perduto, ma la copia conservata alla Fondazione Longhi è in ottimo stato.
    Gli interventi conservativi si sono concentrati sulla stabilizzazione del colore e sulla valorizzazione delle ombre.

Curiosità particolari aggiuntive

  • Frutto come medicina: nel contesto romano del Cinquecento, agrumi come il limone o il cedro erano considerati rimedio per l’apparato digerente e disinfettanti naturali.
    Se il frutto nel quadro è davvero un limone, il gesto assume un valore preventivo o terapeutico, non solo allegorico.
  • Ritratto della cura: l’intero dipinto può essere letto come una scena di auto-cura, un’intimità fragile che ci parla della salute del corpo e della mente, lontana dalla mitologia e dai grandi temi religiosi, ma profondamente umana.